Nothobranchius kirki sp. Chiuta MW 88/9


di Andrea Caiola

Il mio primo contatto con questa bella specie di Nothobranchius fu con sacchetto delle sue uova regalatomi da Daniele Cerri diversi mesi or sono. Dato che erano state deposte di recente, le misi a dimora nel mio incubatore di polistirolo, quasi dimenticandomene, anche perché il tempo di diapausa previsto per questo Notho è superiore a quello delle specie che avevo tenuto fino ad allora, e cioè di 4-6 mesi.

A tempo debito le ho fatte schiudere, ottenendo 5 avannotti, e per mia fortuna, almeno uno di loro era un maschio.

Il nome mi aveva subito incuriosito, anche perché in realtà ne ha due, dato che è possibile identificarlo anche come N. kirki loc. Chiuta MW 88/9.

La scoperta di questo killi, come si può determinare dal codice della localià, è avvenuta nel 1988 in Malawi, durante un viaggio del Dr. Brian Watters, dell’Università di Regina (Canada).

Quel viaggio alla ricerca di Nothobranchius nel bacino del lago Malawi è raccontato con estrema precisione in un articolo dello stesso scopritore, dal quale ho tratto alcune delle informazioni seguenti.

Il luogo di ritrovamento della specie è il lago Chiuta, posto leggermente a sud-est del lago Malawi, al confine tra il Mozambico e lo stato africano del Malawi.

Il primo esemplare fu catturato da un collaboratore del Dr. Watters che stava prelevando dell’acqua ai bordi del lago. Un grido “beautiful fish” (pesce meraviglioso) risuonò dopo il primo passaggio della rete nell’acqua, e il nostro nuovo amico “Chiuta” fu consegnato da quel momento al nostro hobby. Fu immediatamente classificato come una nuova popolazione di N. kirki, diversa dalla già nota popolazione del lago Chilwa distante pochi chilometri.

Il maschio ha scaglie al centro di un bel colore turchese contornato di rosso. La parte anteriore del pesce, compresa la testa ha un colore di fondo turchese con un disegno irregolare di macchie rosse sviluppate sulla testa e in prossimità degli opercoli branchiali. Il ventre è di colore blu pastello fino al bianco con delle macchie rosse variabili. La pinna dorsale è grande e arrotondata ed è turchese con puntini rossi irregolari nella parte inferiore, che diventano delle linee irregolari parallele ai raggi della pinna, nella parte esterna. Normalmente contorna la pinna dorsale una banda scura, delimitata da un filo sottile di turchese. La pinna caudale è arrotondata e di un colore arancione brillante, tendente al rosso carminio. In alcuni esemplari è presente anche una stretta banda nera all’estremità della coda. La pinna anale ha principalmente gli stessi colori della coda, con uno schema abbastanza variabile da un esemplare all’altro, ma normalmente presenta una striscia arancio rossa alla base che si perde in un fondo turchese per poi ritornare arancione piena per tutto il resto della pinna. I raggi della pinna anale si estendono leggermente oltre il suo margine e sono di colore bianco. La variabilità in questa pinna sta principalmente nella presenza o meno della parte turchese, che in alcuni esemplari può mancare totalmente. Questo particolare fu notato negli esemplari selvatici, mentre quelli riprodotti in cattività presentano meno irregolarità. Le pinne ventrali sono principalmente di colore arancione su base turchese, mentre quelle pettorali sono trasparenti con una banda esterna grigio scura.

La femmina non si distingue particolarmente dagli altri Notho, con il suo colore marroncino e le pinne trasparenti.

Una particolarià di questa specie, almeno per me, è che le pinne dorsali e anali risultano leggermente più arretrate rispetto ad altri Notho che ho allevato, come N. foerschi e N. sp. Kisaki TAN 95/5.

La lunghezza totale raggiungibile da esemplari adulti di N. sp. Chiuta MW 88/9 è di circa 5,5 cm. per il maschio e di 5 cm. per la femmina.

Le caratteristiche dell’acqua di ritrovamento degli esemplari selvatici sono notevolmente diverse da quelle di altri Notho dato che la temperatura dell’acqua era di circa 35 °C (sì, trentacinque gradi!) e il pH era leggermente acido, pari a 6.9. La durezza dell’acqua, misurata in ppm era di circa 50, pari a circa 100 microSiemens.

In acquario io li allevo con dei parametri completamente diversi ma comunque con ottimi risultati. Infatti uso l’acqua che sgorga dai miei rubinetti con una conducibilità di 750 microSiemens e che ha un ph di circa 7.8. Ovviamente la temperatura è, d’estate, condizionata dalla stagione, e, d’inverno, impostata a 23 – 24 °C.

Evidentemente ciò dimostra la grande adattabilità di questo killi, che trovo bello e robusto, a patto di effettuare regolari cambi d’acqua, del resto raccomandabili per tutti i pesci d’acquario nessuno escluso.

Attualmente sono residenti in un acquario di circa 20 litri, arredato con fondo, piante e legno di torbiera, un maschio e 4 paffute femmine che si dividono le sue attenzioni. Una piccola pompa-filtro, un riscaldatore da 50 W e una lampada neon da 8 W completano la dotazione della loro dimora, situata nel garage di casa, secondo i dettami della mia gentile consorte (o forse dovrei dire “dictat”). Per chi era al killi party, sono gli esemplari che ho portato in esposizione.

Sto ovviamente cercando di sfruttare al massimo l’attuale periodo di forma di questi pesci, e soprattutto delle femmine (essendo 4 a 1 hanno il tempo di crescere e nutrirsi adeguatamente perché non costantemente assillate dall’unico maschio), per raccogliere quante più uova è possibile, anche per distribuire eventualmente questo Notho, che a quanto mi risulta non è diffuso come meriterebbe.

Io sono ancora un principiante dei killi, ma mi sento comunque di consigliarlo a chi come me non ha grande esperienza, dato che con pochi semplici accorgimenti è facile allevarlo e portarlo alla riproduzione. Il maschio non è aggressivo come altri Notho e i pesci non sono affatto timidi, facendosi ammirare tranquillamente in tutta la loro bellezza.

I miei esemplari vengono nutriti due volte al giorno (quando posso) con enchitrei, naupli di artemia, artemie e chironomus congelati con aggiunta di alcune gocce di vitamine e, quando ho tempo, subiscono un settimanale cambio parziale d’acqua (20%). Qualche pizzico di sale (sufficiente a far andare fuori scala il mio conduttivimetro) come fattore di prevenzione completa il tutto.

Un ultima annotazione. Nel 1991 è stata effettuata un’altra cattura di esemplari selvatici, per cui è possibile trovare gli stessi pesci sotto il nome N. kirki loc. Chiuta MW 91/15. A questo punto sorge spontanea la domanda. Dato che sono esattamente gli stessi pesci (specie e località identiche) ma raccolti in periodi diversi, è lecito incrociarli, magari per rafforzare il patrimonio genetico dell’attuale popolazione, nell’hobby dal 1988?