“Formalizziamo” i Killi


Ovvero tutto quello che avreste voluto sapere sulla formalina e non avete mai osato chiedere.

Carissimi colleghi dell’AIK colgo l’occasione per dare un primo saluto ufficiale a tutti quale membro di questa associazione appena nata che necessita della collaborazione di tutti; con lo scopo di scambiare esperienze, materiale vivo, uova etc. per raggiungere prima o poi il livello dei paesi europei nell’allevamento dei famigerati Killifish.

Devo dire che gia’ numerosi incontri tra soci sono andati in porto e a tal proposito devo ringraziare sentimentalmente i carissimi colleghi Mario Zanolli, Massimo Borra, Giacomo Paonessa e Tiziano Storai con i quali e’ stato un vero piacere discorrere. Ma bando alle doverose premesse, passo immediatamente a raccontarvi alcune mie esperienze nel tentativo non di salire in cattedra (tengo i killi solo da un anno e mezzo) bensi’ di incoraggiare chi ancora non si e’ addentrato in questo fantastico mondo.
Comincio a raccontare una esperienza decisamente negativa da cui pero’ ho tratto notevoli vantaggi successivamente.

Nel mese di febbraio ’92 in seguito all’introduzione, in una vasca di comunita’ da 40 litri, di alcuni pesci nuovi (alcuni Aphyosemion, Pseudoepiplatys e Nothobranchius) e dopo aver compiuto un cambio di circa 1/4 dell’acqua alcuni giorni dopo averli ambientati, ho notato che la maggior parte dei pesci dopo circa 12 ore sbiancavano. Perdevano cioe’ progressivamente gran parte degli splendidi colori, le pinne erano corrose e sembrava che i pesci “tossissero”: il tutto apparentemente senza un motivo.

Quando sono iniziate le perdite, visto che i soliti Girotox e compagnia bella non avevano rimediato alla situazione ho deciso di andare dallo psichiatra cioe’ no, scusate, da un bravissimo ittiopatologo di Udine.
A lui ho presentato due pesci prelevati dalla vasca di cui sopra, sezionati e messi sotto il microscopio. I pesci erano letteralmente infestati dal Gyrodactilus elegans: al microscopio si potevano vedere perfettamente delle specie di sanguisughe che sguizzavano sotto la cute dei due pesci. Minore concentrazione di tali vermi era invece situata nelle branchie.

Trovata la causa, ho pensato, quale la terapia? Sicuramente, lo premetto, il Gyrodactilus e’ entrato nella vasca perche’ qualche nuovo pesce ne era sicuramente malato. Per curare il tutto ho usato udite, udite la FORMALINA. Va bene quella dal 30 al 38 percento. Il dosaggio corretto e’: 1,5 ml/10 litri d’acqua per mezz’ora. Conviene fare il trattamento in una vasca vuoto, poiche’ nell’acquario il Gyrodactilus non sopravvive se non entra nella pelle dei pesci.
Insomma ragazzi, dopo mezz’ora di bagno e dopo aver riportato i pesci nella vasca di comunita’ alla quale comunque avevo calbiato per sicurezza il 90 percento dell’acqua, potevo rigustarmi i pesci nella loro splendida forma e colorazione. Vi diro’ che dopo qualche ora alcune specie gia’ tentavano di deporre sul fondo della vasca.

Enormi quindi i vantaggi dati dalla formalina purche’ pero’ ci si attenga rigorosamente ai dosaggi prescritti: successivamente ho tentato di curare un maschio di Epiplatys dageti monroviae e mi e’ scappata un po’ di formalina di troppo. Risultato il pesce era perfettamente guarito, ma era praticamente rimasto sterile.
Quel pesce ce l’ho ancora e misura circa 5 cm e, pur godendo di ottima salute, non ha mai piu’ riprodotto per cui occhio al dosaggio. Nel caso si volesse fare il trattamento nell’intera vasca, cio’ e’ possibile ma e’ meglio estrarre dal filtro tutti i materiali, anche quelli adibiti a supporto dei batteri poiche’ comunque la formalina li annienterebbe.

Ho usato la formalina anche in caso di funghi e parassiti ed ho avuto il medesimo successo con pesci che dopo qualche giorno riprendevano i giochi amorosi e mangiavano a crepapelle… e scusate se e’ poco…