di Giacomo Paonessa
Quante volte la felicità di aver visto la deposizione dei meravigliosi Nothobranchius ha lasciato il posto alla delusione quando (dopo molti mesi!) rimessa la torba in acqua non si è visto neanche un avannotto?
Eppure le uova c’erano!
Molto spesso la ragione dell’insuccesso nella riproduzione di quelle specie di killifish che depongono le uova nella torba sta nella maniera con cui essa è stata conservata durante il periodo di riposo.
L’errore classico è quello di conservare la torba completamente bagnata (magari in un barattolo di vetro…) con la conseguenza che gli embrioni non si sviluppano o il tutto ammuffisce.
Ma cominciamo dal principio….
A molti acquariofili quando si parla di torba viene subito in mente la torba filamentosa.
Questo tipo di torba non è facile da trovare, spesso è anche abbastanza costosa e per la riproduzione dei killifish non è senz’altro indispensabile.
Si può utilizzare la torba filamentosa come substrato per i killifish non annuali, quelli cioè che normalmente preferiscono deporre su di un substrato come piante o alghe (e.g. muschio di giava) ma anche a questo scopo ci sono soluzioni più semplici e convenienti da molti punti di vista.
Il materiale di partenza ottimale è invece la torba che si compra nei centri di giardinaggio (ne esistono di vari tipi ed il costo è di poche migliaia di lire per pa-recchi litri).
Deve essere dei tipo non concimata e meno polverosa possibile, per esempio, la torba muschiosa irlandese soddisfa bene tutti e due i requisiti.
Poiché la torba appena acquistata galleggia e a noi serve come materiale di fondo, ci sono due metodi per raggiungere lo scopo. li primo è quello bagnare la torba in un secchio e lasciare che in pochi giorni (dipende dal tipo di torba..) questa, vada a fondo.
Il secondo sistema (ed anche il migliore per poterla usare subito) è quello di metterne una certa quantità (insieme all’acqua naturalmente) in una pentola a pressione e, una volta portato il tutto ad ebollizione, lasciarla sul fuoco per circa mezz’ora.
I vantaggi di questo metodo sono molteplici, la torba va tutta sul fondo, ci si libera dei cosiddetti acidi umici in eccesso che colorano (qualche volta troppo) l’acqua di marrone e non ultimo si sterilizza il materiale.
Se la torba è molto polverosa e l’acqua è carica di finissime particelle in sospensione si può procedere nel seguente modo. Basta versare la torba in un secchio (o in una piccola vaschetta), aspettare qualche minuto che le particelle più grosse vadano a fondo, dopo di che si aspira l’acqua (con il materiale in sospensione) fino a lasciare solo lo strato di torba, si riaggiunge acqua pulita, si agita di nuovo il tutto e si ricomincia.
Dopo tre o quattro di questa “lavaggi” la torba non creerà più grossi problemi intorbidendo l’acqua. Nel fare questo lavoro, (neanche poi così lungo come potrebbe sembrare) conviene preparare una certa quantità di torba e conservarla pronta all’uso, lievemente scolata, in buste di plastica.
Pronta la torba si può allestire la vaschetta per la riproduzione. Di solito queste non sono molto grandi (5 o 10 litri) e nel caso in cui si voglia riprodurre pesci che depongono sulla superficie della torba (come Aphyosemion filamentosum, Aphyosemion walkeri e molti Nothobranchius) bastano uno o due centimetri di torba sul fondo.
Diverso è il discorso per quanto riguarda quei pesci che letteralmente affondano nella torba (come molti killi Sud-Americani quali Cynolebias e Pterolebias) per cui lo strato deve essere spesso almeno 4 o 5 centimetri.
Queste vaschette ospiteranno la coppia o meglio un trio (un maschio e due femmine) per un periodo variabile da una a tre settimane. Periodo durante il quale i pesci deporranno (si spera..) un certo numero di uova.
A questo proposito vorrei ricordare (anche se questo verrà discusso in dettaglio in un altra sede) che il numero di uova deposte dipende da molti fattori.
Su alcuni, come la fertilità propria di una certa specie, non si può intervenire ma su altri, come l’alimentazione, si può fare molto ed i risultati possono essere veramente molto diversi.
Comunque, prima o poi, viene il momento di raccogliere la torba con il suo prezioso contenuto. Per prima cosa conviene togliere i pesci e l’eventuale arredamento (piante, legni, etc.). poi si può incominciare a svuotare la vaschetta di quasi tutta l’acqua.
Arrivati al punto di aspirare la torba si può versarla (o raccogliere) in un remino (od in un pezzo di stoffa accuratamente piegato), si fa scolare l’acqua in eccesso e si mette la torba ad asciugare su uno spesso strato di carta di giornale. Di solito si fa un ‘panetto” di torba e si lascia asciugare per 12-24 ore in un posto tranquillo a temperatura ambiente (18- 22°C) mentre il giornale assorbe l’eccesso di acqua.
Il momento buono per raccogliere di nuovo la torba viene quando la superficie dei panetto comincia a diventare più chiara e la torba assume la consistenza dei tabacco da pipa. Quindi, la torba resta umida ma assolutamente non bagnata.
A questo stadio cercando accuratamente tra la torba si possono facilmente vedere (e contare) le uova. Esse appaiono come delle piccole (intorno al mm di diametro, più o meno grosse a secondo della specie) sferette color ambra.
Finalmente torba ed uova possono essere messe in un sacchetto di plastica, si chiude ermeticamente con un nodo o con un elastico, si mette un’etichetta per ricordarsi la specie e la data di raccolta e si conserva in un luogo scuro a temperatura ambiente. Non conviene riaprire il sacchetto durante la diapausa anche perché appena comincia lo sviluppo delle uova, queste diventano praticamente trasparenti e quasi invisibili nella torba.
Il periodo di diapausa varia da specie a specie e riflette le condizioni climatiche in cui i pesci vivono in natura. E’ come se gli embrioni ricordassero il periodo di durata della stagione asciutta ed adeguassero di conseguenza il loro sviluppo. Sebbene esistono regole empiriche per stabilire il momento giusto per ributtare la torba (e le uova naturalmente … ) nell’acqua, come quella di osservare se l’occhio degli embrioni è perfettamente sviluppato o no, conviene affidarsi alle informazioni pubblicate in letteratura o avute da altri appassionati che hanno riprodotto con successo la stessa specie.
Passato il periodo di diapausa ci si prepara a far schiudere le uova. A questo scopo conviene usare una vaschetta di 4-5 litri riempita per 5 o 6 cm con acqua ad una temperatura di circa 18-19′ C. La temperatura serve a stimolare la schiusa delle uova e simula la temperatura più fresca della pioggia. La qualità dell’acqua (una durezza fino a 15 – 16° GH va bene) non è critica anzi un’acqua troppo tenera può favorire insorgenza di malattie. Alcuni autori suggeriscono l’aggiunta di sale senza iodio nella ragione di mezzo cucchiaino da tee per circa 5 litri di acqua allo scopo di prevenire attacchi di Oodinium, frequente nei Nothobranchius.
E’, invece, molto importante che l’acqua sia stagionata per qualche giorno in modo tale da essere libera dai gas (contenuti in grosse quantità nella normale acqua di rubinetto) che trasformandosi in piccole bollicine rallenterebbero l’affondamento della torba.
Molto importante è anche il livello dell’acqua. Questo non deve superare i 4 o 5 centimetri in quanto gli avannoti appena nati devono salire in superficie per raccogliere una boccata d’aria e riempire la vescica natatoria. Se il livello è alto (o la superficie è completamente occupata dalla torba) questa operazione diventa molto più difficile.
Le conseguenze possono essere fatali. 1 piccoli diventano, come si chiamano in lingua inglese, “belly slider’ letteralmente “strisciatori sul ventre”. Quello che avviene è che non potendo riempire la vescica natatoria gli avannotti non riescono a nuotuo in acqua libera e si muovono quasi sempre rimanendo attaccati sul fondo. Qualche volta questi piccoli riescono anche a nutrirsi ma il loro destino è praticamente segnato.
Un’inconveniente che capita qualche volta è che anche se gli embrioni sono perfettamente sviluppati, le uova non si schiudono. Si riescono a vedere gli occhi perfettamente sviluppati degli avannotti ma dopo 12-24 ore questi ancora non si decidono a saltare fuori. In questo caso si può cercare di indurre una schiusa forzata.
Il metodo più avanti descritto funziona bene non solo con le uova conservate nella torba ma anche con quelle dei killifish non annuali (per intenderci quelle uova conservate in acqua per 2 o più settimane).
Il trucco è molzo semplice, basta aggiungere qualche goccia di Liquifry agitare un pochino ed aspettare fiduciosi. Probabilmente il Liquifry fa diminuire l’ossigeno nell’acqua e quindi induce la schiusa sebbene alcuni autori pensano che in quanto modo si sviluppino dei batteri che erodono la membrana dell’uovo e quindi favoriscono l’uscita dell’avannotto.
La spiegazione non è dei tutto chiara ma la cosa di solito funziona.
Per molte specie di killifish la prima ‘bagnatura” della torba induce la schiusa solo di una percentuale delle uova. Questa percentuale è molto variabile da specie a specie ma, per esempio, può essere solo dei 10% per alcuni Nothobranchius o del 50-60% per l’Aphyosemion filamentosum.
Conviene sempre riasciugare la torba e conservarla per altre 4-6 settimane o altri mesi (come nel caso dei Nothobranchius).
Al momento della seconda ‘bagnatura’ il numero di avannotti può superare quello precedente. Questi cicli di asciugatura e bagnatura possono essere ripetuti anche 3 o 4 volte sempre ottenendo un discreto numero di avannotti.
Ultima considerazione.
Molti appassionati di killifish usano la torba anche come materiale di fondo. Se si riesce a superare la diffidenza iniziale per questo materiale si può apprezzarne i numerosi vantaggi. La torba è un materiale attivo, assorbe molte sostanze di rifiuto e libera sostanze che stabilizzano le condizioni dell’acqua (il pH rimane stabile a valori inferiori a 7) anche in piccole vaschette. I pesci inoltre sono così molto meno soggetti alle malattie. Anche se l’acqua acquista un colore lievemente arnbrato, il fondo scuro tranquillizza i pesci e mette nel massimo risalto i magnifici colori dei Killifish.
Sono originari della savana costiera della Sierra Leone. I corsi d’acqua dove vivono questi pesci si seccano completamente una volta all’anno.
Il ciclo vitale in natura è concentrato in meno di un anno (in cattività si può arrivare anche a 20 mesi).
Quando l’acqua evapora le uova deposte nel fondo rimangono protette dall’ umidita’ del terreno. In questo modo hanno il tempo di svilupparsi (in circa 5-8 mesi) aspettando la nuova stagione delle piogge. La maturita’ sessuale arriva in poche settimane.
Le specie annuali sono il gruppo più aggressivo e dalle dimensioni più grandi.
E’ consigliabile collocare un solo maschio con una o più femmine in un acquario di 40 litri ricco di nascondigli .Due o più maschi possono essere allevati solo in acquari di volume superiore a 80 litri.
Sono pesci estremamente tolleranti per le condizioni dell’acqua a patto che non siano estreme. Come durezza si consigliano 5-20°dGH e per il pH 6.5-7. E’ necessaria una buona filtrazione e un’accurata pulizia della vasca in quanto sono molto più sensibili degli altri Aphyosemion alle infezioni cutanee e alle parassitosi.
Per evitare o ridurre questi problemi si può aggiungere 1 cucchiaino di sale per acquariofilia ogni 10 litri e dell’estratto di torba. Per la riproduzione si può utilizzare della torba (meglio se fibrosa in quanto non si disperde per tutta la vasca ad ogni accoppiamento) posta in un contenitore non troppo piccolo all’interno della vasca.
Ogni 15 giorni bisognerebbe raccogliere la torba con le uova, strizzarla e metterla in incubazione in un sacchetto di plastica chiuso, sempre con una buona quantità d’aria.
La torba sarà posta in acqua dopo circa 6 mesi di incubazione, a 22-23°C, sia per l’A.occidentale, l’A.toddi che per l’A.huwaldi.
Per stimolare la schiusa degli avannotti si può aggiungere all’acqua (di circa 20° C) dei microworms.
Se ben alimentati, cioè se il cibo vivo (naupli d’artemia, cyclops e dafnia) sarà costantemente nella vasca d’allevamento, e se le caratteristiche dell’acqua saranno buone i piccoli cominceranno a riprodursi dopo 6-7 settimane.
E’ utile aggiungere nella vasca di allevamento degli avannotti sia di annuali che di non annuali qualche chiocciola per aumentarne l’igiene generale (ottime le Limnee). Gli adulti accettano volentieri ogni tipo di cibo vivo o congelato.
E’ bene ricordare sempre di fornire alimenti ricchi di scorie e poveri di grassi come drosofile e dafnie per evitare problemi di sterilità a causa dell’accumulo di grassi.
Si può anche aggiungere nelle vasche di riproduzione, sia dei semi annuali sia degli annuali, un fondo di ghiaietto non calcareo, così facendo i nostri pesci si riprodurranno in tutta la vasca e per raccogliere le uova saremo costretti a visionare tutte le sifonature che effettueremo.
Spero che questa infarinatura generale possa essere utile a coloro che vogliono intraprendere l’allevamento di questi magnifici pesci .
Ricordo solamente che la frontiera tra Aphyosemion annuali e semi annuali è estremamente sottile e variabile ed è stata fatta solamente per facilitare la comprensione ai meno esperti. Inoltre la vita media per le specie annuali e semi annuali dipende principalmente dalla temperatura di allevamento e dalla quantità di cibo che viene fornito .
Utilizzare il termine Aphyosemion per questi killi non è corretto in quanto secondo gli ultimi studi sul Fundulopanchax powelli, eseguiti da Zee e Wildekamp nel 1994, si sono tratte nuove motivazioni valide per poter separare il gruppo dei Fundulopanchax (in pratica il gruppo dei semi annuali e annuali) da quello degli Aphyosemion (quelli non annuali) in quanto abitano distinte e differenti aree, hanno: strutture delle uova differenti, sistema neuromastico post-operculare differente, diversa disposizione delle scaglie nell’opercolo, diversa ossatura, differente posizione e struttura della vescica natatoria, diversa posizione della pinna dorsale rispetto all’anale, differente numero di scaglie lungo il peduncolo caudale.
Tutti questi elementi dimostrano differenti linee di evoluzione.
In base a questo spero che anche in Italia si utilizzerà in futuro questa terminologia, peraltro corretta dal punto di vista sistematico.